Come sopravvivere agli uffici open space: fare un bel respiro (con i Muse), distendere i nervi (con AC/DC e Afterhours) e ricordarci sempre chi siamo (con Guccini e gli Oasis)

Come sopravvivere agli uffici open space: fare un bel respiro (con i Muse), distendere i nervi (con AC/DC e Afterhours) e ricordarci sempre chi siamo (con Guccini e gli Oasis)

Erano gli anni Sessanta, era New York, e a Don Draper, il protagonista della serie tv Mad Men, bastava entrare nel proprio ufficio e chiudere la porta: finalmente seduto alla sua scrivania, nelle mani un drink e con la città al di là della finestra a catturare il suo sguardo, Don poteva lasciarsi alle spalle la confusione che imperversava nel resto dell’agenzia, restare solo con i suoi pensieri e raccogliere ispirazione e idee. Alla Sterling Cooper ancora non si era pienamente affermato il modello open space, in quel periodo destinato esclusivamente alle segretarie. E del resto dubitiamo che avrebbe mai potuto andare a sfidare la solitudine quasi divina del più geniale direttore creativo della Grande Mela. Tutti noi che invece, per fortuna o no, non siamo Don Draper, abbiamo accettato la sfida degli uffici open space, convinti che potessero creare un ambiente meno gerarchico e più egualitario, favorire una spontanea collaborazione tra colleghi e con essa stimolare creatività e produttività. E così, a distanza di quasi 60 anni dalla loro invenzione, non resta che domandarsi: gli open space hanno vinto la sfida oppure si sono rivelati una utopia, una promessa di serenità e collaborazione che non può esistere se non come ideale?

La prova della realtà: ecco perché il modello open space non fa la felicità dei dipendenti

Se già alla fine degli anni Sessanta Robert Propst aveva duramente criticato gli open space, definendoli una terra desolata, «che fiacca ogni energia e dinamicità, ostacola il talento e vanifica il conseguimento degli obiettivi», numerose ricerche successive non hanno fatto altro che avvalorare la sua opinione e anzi sono andate a individuare i fattori che hanno determinato, e continuano a determinare, l’insuccesso degli open space: la cosiddetta noise distraction e la mancanza di privacy. Da un lato, infatti, la costante, incontrollata esposizione a qualsiasi rumore circostante costringe chi lavora a interrompere spesso ciò che sta facendo, riducendone la concentrazione e di conseguenza la produttività. Dall’altro, se non possiamo controllare chi e che cosa sentiamo, e nemmeno chi ci sente, è evidente che a fluire liberamente non sono tanto, o almeno non soltanto, le idee, ma anche le informazioni personali e che quindi, anziché stimolare la creatività e le amicizie, gli open space rischiano di diventare la roccaforte del conformismo e della diffidenza. E che dire poi delle ripercussioni psicofisiche, che vedono una sempre più stretta correlazione tra open space e giorni di malattia, stress ed esaurimento?

La musica: una soluzione divertente ed economica per sopravvivere agli open space

Ritornare al passato, ossia al modello degli uffici privati, non sembra una soluzione realistica né auspicabile. Riprogettare gli spazi, in modo che ci sia una equilibrata alternanza tra zone comuni e piccoli rifugi quieti e isolati, sembra invece una soluzione interessante, ma non sempre alla portataeconomica e logisticadi tutti. E allora, che fare? A quanto pare gli italiani hanno deciso di puntare su una soluzione semplice, immediata e conveniente: le cuffie! Secondo una ricerca condotta da LinkedIn e Spotify, infatti, l’Italia, con una percentuale dell’85%, è il primo Paese in Europa e il secondo nel mondo (dopo gli Stati Uniti) in cui si ascolta più musica sul luogo di lavoro, con una incidenza positiva su rendimento e produttività. E sia chiaro: la musica rende più efficienti non solo perché neutralizza il brusio, il rumore di sottofondo prodotto dai colleghi, ma anche perché asseconda le nostre esigenze emotive, talvolta motivandoci, talora rendendoci più calmi e rilassati.

La playlist migliore per il lavoro: da Linkedin e Spotify a … Aragorn!

Come Linkedin e Spotify hanno creato La playlist migliore per il lavoro: Italia, così anche noi, in Aragorn, abbiamo pensato di condividere con voi la nostra playlist d’ufficio, composta dalle canzoni che ciascuno di noi ascolta più spesso mentre lavora e che ci aiutano a dare il meglio per i nostri clienti! L’aspetto però che ci interessa più sottolineare, e a cui teniamo molto, è che la creazione della playlist di Aragorn è stata una sorta di open space virtuale, un luogo creativo che, a partire dalla condivisione delle preferenze musicali, ha dato a noi, e ora speriamo anche a voi che ci state leggendo, l’occasione di conoscerci meglio.

E nel vostro caso qual è il vostro open space virtuale, la vostra playlist d’ufficio?

(Buon ascolto!)

MOTIVATION & DEEP FOCUS MIX

La musica che ci dà la carica, ci motiva, ci incoraggia, ci aiuta a concentrarci e, perché no, ci diverte!

AC/DCHighway to Hell
AfterhoursStrategie
Arctic MonkeysBrianstorm
BachAria sulla quarta corda
Britney Spears
Toxic
Chopin Nocturne op. 9 no. 2
Chumbawamba
Thumb Tumbling
GucciniL’avvelenata
JovanottiTerra degli Uomini
Miles KaneDon’t Forget Who You Are
KasabianShoot The Runner
ModeratA New Error
MogwaiThe Lord is Out of Control
OasisSupersonic
QueenLet Me Live
RamonesI Wanna Be Sedated
SemiramideAh! Quel giorno ognor rammento?
Lo Stato SocialeAbbiamo vinto la guerra

POSITIVE VIBES

La musica che ci rilassa, ci dona calma e serenità e ci mette di buon umore, a maggior ragione in momenti di nervosismo, stress o al termine di una giornata da incubo.

ČajkovskijSinfonia n. 7
Cirque du Soleil AlegriaJeux d’enfants
Cristina DonàUniverso
Fabri Fibra ft. ThegiornalistiPamplona
Kings of ConvenienceI’d Rather Dance With You
Los Fabulosos CadillacsVasos Vacios
ModàTappeto di fragole
MuseMuscle Museum
OasisDon’t Look Back in Anger
Protoje ft. ChronixxWho Knows
Tetes RaidesGinette
Django Reinhardt – All Of Me
The Stone Roses
Mersey Paradise
The XXHeart Skipped a Beat
Yann TiersenComptine d’un autre ete – l’apres-midi
Tiziano FerroL’amore è una cosa semplice